mercoledì 8 dicembre 2010

Letto: Il sangue dei vinti

Giampaolo Pansa, Il sangue dei vinti
Saggio storico, 406 pagine, Sperling&Kupfer
Giudizio: da leggere da sfogliare da buttare
Per la verità l’ho finito già da settimane, ma ci tenevo a creare una rubrichina letteraria. Il libro in questione è uscito nel 2003; forse leggerlo ora, a distanza dalle polemiche che ha suscitato, è stato un bene. La tesi presentata da Pansa, per chi non la conoscesse, è riassunta da Wikipedia. È senza dubbio una storia che merita di essere raccontata, e che ha la sua dignità perché mette ordine e consegna al grande pubblico vicende finora ascoltate in modo frammentario dai nostri nonni.
Certamente non giunge nuova la notizia che la Seconda Guerra Mondiale non sia finita con il 25 aprile; una guerra è una guerra, le pallottole sono estremamente democratiche e vanno ad ammazzare rossi e neri, a seconda di chi imbraccia i fucili in un dato momento. Sul fatto che questo libro abbia anche un valore politico, non mi sbilancio. Dicevo: fortunatamente l’ho letto quando le critiche si erano già spente da un pezzo. Ma l’ho letto nel pieno di una stagione politica dove gli organi d’informazione della destra sono occupati a delegittimare ex amici e nemici. Il messaggio di fondo che tentano di far passare è: «voi che ci criticate, guardate la zozzeria che fanno gli altri. Che differenza fa? È tutto lo stesso schifo». Ecco, un messaggio di questo tipo lo vuole far passare anche Pansa, tentando di suscitare un disgusto generalizzato verso fascisti e partigiani, con la conseguenza di ingarbugliare i ruoli di chi allora aveva ragione e chi torto.
Una distinzione che oggi come allora bisogna avere ben chiara.

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