lunedì 28 marzo 2011

Il verde che ci piace

Non ho molto da aggiungere all'analisi di Civati sul risultato dei Grünen in Germania, paese che senza farne una questione di bandiera politica ha messo in pratica una lunga serie di buone pratiche ambientali.

Allora c'è speranza

Pubblico la lettera inviata dall'amico Giampiero, mi ha colpito molto.

Ieri è successa una cosa che mi ha impressionato e fatto rabbrividire... positivamente!
Era intervallo, nella 4C della scuola primaria Rio Crosio di Asti, la solita allegra baraonda, c'è chi canta, chi gioca, chi fa la merenda.
Verso la fine della ricreazione arrivano, tutti seri, Fabio, Federico, Mattia, e Tommy.
Maestro leggi, mi dicono.
Mi allungano un foglietto di recupero, fotocopiato da una parte, e scritto con la loro calligrafia esuberante e scoppiettante sull'altro.
Tutti orgogliosi mi rivelano di aver istituito la "Repubblica democratica della 4C" e di aver stilato il primo documento ufficiale....




I diritti dell'infanzia
Diritto alla vita
diritto al nome
diritto ad esprimersi
diritto alle emozioni
diritto ad avere un posto dove espletare i propri bisogni
diritto al gioco ed allo sport
diritto all'opinione
diritto a nutrirsi e dissetarsi
diritto alla salute
diritto ad imparare gratuitamente
diritto al rispetto
diritto alla scelta
diritto alla casa
diritto ad essere amati
diritto ad amare il proprio paese
diritto a scegliere chi amare
diritto a non lavorare (sfruttamento lavoro minorile)
diritto alla famiglia
diritto a decidere la propria religione
diritto a vivere sicuri
diritto a godere della natura
diritto ad essere trattati come persone
diritto all'amicizia
diritto alla libertà
diritto all'identità
diritto ad essere soccorsi per primi

E se questi bambini oggi son disposti a "investire" il proprio intervallo, per dedicare il loro tempo libero per queste riflessioni, chissà, in futuro, che splendido contributo daranno alla società!
Allora c'è speranza di un mondo più giusto e più bello!
son rimasto senza parole
ma un grande turbine di pensieri e speranze...
tutte belle e riconoscenti

Giampiero Monaca

venerdì 25 marzo 2011

Natura e portafogli finalmente a braccetto

Tu guarda il caso. Giusto ieri scoprivo da Time che esiste il concetto di "ecosystem services", ovvero tutti quei servizi che gli ecosistemi rendono all'uomo, in misura tanto maggiore quanto è migliore la salute dell'ecosistema. E oggi, dopo qualche giorno di digiuno dalla cronaca locale, ho letto della conta dei danni dopo l'ultima ondata di maltempo nell'astigiano. Il nesso? Quasi tutti i danni segnalati in provincia sono dovuti a cattivo uso del suolo, disboscamenti, abuso di cemento. Hai rasato un bosco? Aspettati una frana, le gaggie non bastano a rendere saldo un pendio. Hai cementificato un'area umida? Spero che rane e tritoni ti vengano a cercare di notte, comunque l'allagamento è dietro l'angolo.
Al contrario, i boschi e persino gli stagni, se mantenuti in salute, possono offrire servizi (gratuiti) in grado di prevenire danni e di far risparmiare molte voci di spesa. Le api potrebbero impollinare più efficacemente le coltivazioni, l'acqua sarebbe più pulita senza bisogno di costosi impianti di depurazione, le zanzare troverebbero numerosi predatori a impedire il loro moltiplicarsi.


Se fino a ieri erano osservazioni che chiunque, dotato di buon senso e un'infarinatura di biologia, poteva fare, oggi c'è chi ha sistematizzato questi principi, tentando anche stime economiche. Il servizio uscito qualche tempo fa su Time racconta di aziende che collaborano con gruppi ambientalisti per orientare i loro investimenti verso il verde, con benefici sia per la comunità sia per le aziende. Una tendenza che si dimostrerebbe virtuosa anche da noi, e che potrebbe far cambiare idea a chi finora ha messo il portafogli davanti a tutto.

Silvio non c'è


Non in provincia di Asti, almeno. Silvio Forever, il documentario sul caro leader scritto da Rizzo e Stella, è uscito oggi nei cinema. Dalle nostre parti non una sala ha pensato di proporlo, presumo per lo scarso profitto che i gestori ci hanno visto. In ogni caso, chi sentisse la necessità di farsi un po' di male, può contare su due sale nel torinese e una a Tortona. Anche se le recensioni online non sono molto incoraggianti...

sabato 19 marzo 2011

Quel leggero sospetto che avevamo un po' tutti

Wikileaks a noi italiani fa sempre quell'effetto un po' così. "Berlusconi rovinato dai festini", e noi ci sghignazziamo su. "D'Alema vuole far fuori Veltroni", e noi ci diamo di gomito. Ci fa ridere come un garbato signore scandalizzato da un'Italia di cui conosciamo bene i vizi. Poi però arrivano cablo come quello diffuso ieri da l'Espresso, e l'aspetto ironico del giochino svanisce un po'.
Ma solo quella, visto che quanto emerso ieri è di nuovo una non-notizia. Ogni grande opera (quasi tutte, via) risponde alle esigenze di una multinazionale o di un megaimprenditore, non tanto a quelle dei cittadini, i quali casomai diventano vittime di campagne di rincitrullimento che li convincano dell'assoluta utilità di ponti, inceneritori, autostrade, centrali nucleari.
Insomma, niente di nuovo sotto il sole, se non un nuovo avvincente capitolo di una guerra economica combattuta tra le diplomazie statunitense, francese e italiana. Anche se questa volta noi, vasi di coccio tra vasi di ferro, la possibilità di alzare la mano e dire la nostra ce l'abbiamo. Andando a votare al referendum del 12 giugno.

giovedì 17 marzo 2011

Letto: La Patria, bene o male

Carlo Fruttero/Massimo Gramellini
La Patria, bene o male
Saggio storico, 357 pagine,
La Stampa/Mondadori
Giudizio: da leggere da sfogliare da buttare
La Patria, bene o male. Nel senso che sì, bene o male anche gli italiani hanno qualcosa da chiamare patria. Per molti di loro rappresenta un’idea confusa, o del tutto assente. Ma quel “bene o male” richiama anche l’impostazione del libro, un almanacco di 150 date essenziali per capire la storia d’Italia. 150 date che oscillano tra bene e male, tra momenti memorabili e memorie che si preferirebbero dimenticate. Ma Fruttero e Gramellini conoscono l’importanza dell’esperienza e ci hanno regalato un volume utile per ripassare questi nostri primi 150 anni, impossibili da riassumere se non attraverso una statistica: sono molte di più le date che etichetterei come “male”.
10 marzo 1872: dopo la morte di Cavour nel 1861 (solo Torino si fermò per lutto), se ne va Giuseppe Mazzini.
«E l’Italia che ho sognato? È dunque una parodia?» aveva scritto quel grafomane in una delle ultime lettere. Di sicuro era e rimane una nazione melodrammatica, che ha sempre considerato con fastidio le personalità rigorose. Infatti ai suoi funerali non c’era nessuno. Non i potenti, che lo volevano in galera. E tanto meno il popolo, che non aveva gli strumenti per capirlo, a cominciare dall’alfabeto.
11 maggio 1883, alla Camera si dibatte su quello che sarà il primo inciucio dell’Italia unita, un grande centro ante litteram sostenuto dal primo ministro Depretis.
L’idea di assorbire i moderati dello schieramento avverso e costruire un Grande Centro governativo che isoli le Estreme non è nuovo. L’aveva già avuta il «destro» Cavour, alleandosi col «sinistro» Rattazzi per dar vita al «connubio», che altro non era che trasformismo sostenuto da un ideale: unire le forze per unire l’Italia. Depretis ha ambizioni più modeste: tirare a campare. […] Si procede dunque al voto. I favorevoli al trasformismo sono 348, i contrari appena 29. L’Italia ha scelto con chiarezza da che parte stare: in mezzo.
29 dicembre 1908, un terremoto devasta Messina e Reggio Calabria. Il maremoto che ne segue devasta quanto lasciato in piedi dal sisma.
Accorrono i primi soccorritori e sono russi, seguiti dagli inglesi: quando si degneranno di arrivare, le navi italiane dovranno attraccare in terza fila. […] La macchina dei soccorsi è un’altra tragedia. «A Messina […] si ebbe un saggio da manuale di quel che le pubbliche autorità non devono fare in presenza di un disastro.» Una leggenda sostiene che sia stata l’incapacità del responsabile della protezione civile, generale Mazza, ad aver dato origine al detto «non capire una mazza».
28 settembre 1911, l’Italia pretende un angolo di Mediterraneo. Il resto è occupato da inglesi e francesi, noi si punta alla Libia. In breve prendiamo Tripoli e le altre città, ma quando un attentato elimina un reggimento di bersaglieri, va in pezzi la convinzione che la gente del posto ci ami.
La delusione innesca la rappresaglia. Altro che italiani brava gente: quattordici ras locali vengono impiccati nella piazza del Pane, gli altri uccisi o deportati a Ustica. Gheddafi non ha ancora smesso di rinfacciarcelo.
Tra tante pagine indegne, fa capolino qualche vicenda edificante. Quasi sempre, si tratta del contributo lasciato dai migliori tra i nostri connazionali: Guglielmo Marconi, la cui invenzione fu da principio snobbata in patria e accolta con entusiasmo in Inghilterra; Giacomo Puccini che raccolse idealmente il testimone di Giuseppe Verdi; Carlo Collodi, autore di quella che lui considerava una “bambinata” e che invece rimane uno straordinario romanzo di formazione.
I bambini parteggiano tutti per Pinocchio che, come loro, nel fondo è buono, ma non sa resistere alle tentazioni più effimere. […] È un credulone e un bugiardo, un traditore e un figlio amoroso. È insomma un uomo completo in cui possiamo – e dobbiamo – specchiarci senza ipocrisie.

martedì 8 marzo 2011

Il risparmio, virtù padana. Ma non stavolta

Checché ne dicano loro, gli alfieri del risparmio padano proseguono la loro linea evolutiva verso una forma simile ai panzuti democristiani da prima repubblica. A ulteriore riprova, la scelta di Maroni di indire i referendum su nucleare, acqua pubblica e legittimo impedimento il 12 giugno, invece di accorparli con il voto amministrativo di maggio. Insomma, come ormai più o meno tutti hanno sottolineato, il governo sceglie di buttare 400 milioni pur di far saltare il quorum. C'è chi non ci sta, l'Idv ha avviato una petizione per chiedere l'election day il 29 maggio, mentre Greenpeace invita a bombardare di email il ministro degli Interni. E se volete sbalordire gli amici con una preparazione superiore sul nucleare e sui motivi per cui è peggio di un calcio nei reni, consiglio la lettura di questo opuscolo.

giovedì 3 marzo 2011

Oggi gli dai un cassonetto, domani ti fanno un inceneritore

Troppe impurità nella raccolta della plastica. Il Comune decide di eliminare i cassonetti e ritornare ai sacchetti esposti in strada. Il solo fatto di differenziare alla luce del sole non aiuterà a migliorare la qualità della raccolta; anche perché ad Asti le multe non fanno paura, un senso di impunità rassicura quanti differenziano male, così come quelli che lasciano mucchi di immondizia intorno alle campane del vetro e ai cassonetti della plastica. Questi ultimi se non altro erano utili al decoro urbano, un'evoluzione rispetto al sacchetto abbandonato davanti a casa, brutto a vedersi e pure ad annusarsi; sarebbe stato lecito attendersi un'ulteriore passo in avanti, magari un nuovo bidone condominiale riservato alla plastica. E invece hop!, ecco un salto indietro che irriterà gli astigiani e peggiorerà il loro rapporto con la differenziata.
Un Comune che è arrivato a riciclare il 65% dei suoi rifiuti dovrebbe difendere con le unghie e con i denti la differenziata. E invece la resa sulla plastica è una delle mosse che fanno intuire un disegno diverso, emerso chiaramente dalle parole del vicesindaco Ebarnabo, ieri su La Stampa:

...[Ebarnabo] conferma la disponibilità del Comune per un termovalorizzatore: "Spetterà ad altri enti decidere, ma come amministratore preferisco le nuove tecnologie ad altri buchi per terra"

L'obiettivo rifiuti zero è difficile da raggiungere, su questo nessun dubbio. Certo, aiuterebbe camminare nella direzione giusta. Partendo dall'informazione: meno manifesti idioti (servirebbe un altro post ad hoc), più comunicazioni utili a formare capacità e coscienza di chi produce rifiuti.

Sul fotovoltaico si decide di non decidere

Il governo prende tempo sulla questione degli incentivi al fotovoltaico; a giugno i ministeri dello Sviluppo economico e dell'Ambiente adegueranno gli incentivi. Che saranno garantiti solo entro determinate soglie di energia solare. Di fatto, secondo Ferrante (PD) salteranno fin da subito gli incentivi che hanno garantito lo sviluppo di un settore che vale il 2% del Pil.

martedì 1 marzo 2011

Il governo vuole staccare la spina al fotovolaico

Ma non era il governo amico degli imprenditori? O è il governo amico degli imprenditori amici? Nel dubbio, si sta per decidere l'eliminazione preventiva del fotovoltaico in Italia. 120mila i posti di lavoro a rischio, il nucleare ringrazia.