martedì 7 giugno 2011

Referendum Week: due o tre cose che ho capito


L’illuminazione l’ho avuta ieri nel tardo pomeriggio. C’era vento, minacciava temporale, e con un paio di amici ero ad attaccare manifesti che invitavano a votare sì il 12 e 13 giugno. Il nostro gesto sembrava ancora più audace per via delle plance desolatamente vuote, mentre la gente che passava assumeva un’aria stupita nel vedere che dietro a queste campagne civili c’è davvero qualcuno.
E lì ho avuto un moto di egocentrismo. Ho pensato che se si raggiungerà il quorum, sarà soprattutto grazie a gente come noi, all’attivismo dal basso: su internet, per strada, nelle piazze. Ecco perché no, non sarà un voto politico, come invece spiegano gli astensionisti. La vera spinta viene dalla cara, vecchia, base.
E sì, sarà un voto politico, ma non nel senso deteriore del termine: fare politica, interessarsi della polis, è un bene. Sono convinto che stiamo vivendo un appassionante momento storico, in cui i cittadini pretendono di riappropriarsi della politica e di vedere le loro opinioni tenute in debito conto dalla classe dirigente.
Non può che essere una buona notizia, a patto che le opinioni dell’italiano medio siano frutto di una corretta informazione. Qui tocca stendere un velo pietoso, se non fosse che anche sotto questo aspetto emerge la dimensione civica della campagna referendaria. C'è chi si è informato, chi ha organizzato incontri divulgativi con esperti, chi ha spronato amici e parenti a interessarsi della questione.
Un’ultima cosa.
Se domenica e lunedì dovesse andare alle urne il 50% +1 degli italiani, si tratterebbe di una riscossa impossibile da ignorare. Non tanto per il governo attuale, che quanto a esercizio di ignoranza non è secondo a nessuno. Mi riferisco ai partiti che pretendono di interpretare e rappresentare le istanze di questa moltitudine cosciente, matura e vaccinata contro le fregature. Per le forze che si definiscono progressiste, sarà la prima e ultima chiamata.

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

La politica è la tecnica con cui si gestisce la "res publica", quindi la cosa di tutti, nessuno escluso. E' ora che ciascuno di noi prenda coscienza che siamo chiamati a gestirla "nelle forme e nei limiti della Costituzione".

Oh ragaSSi! Siam mica qui a smacchiare leopardi! :)

Domenica e lunedì tutti alle urne a pertecipare di ciò che ci spetta!

fulviothecat ha detto...

Bravi! Linko subito!

Anonimo ha detto...

Sai cosa mi fa più incazzare?! Che i politici -i politici!- motivino il "no" o l'astensione dicendo che la gestione del pubblico "lo sappiamo tutti com'è! E' tutto un magna magna! Pieno di raccomandati!" (il concetto, riferito ai quesiti sulla gestione dell'acqua, l'ho sentito esprimere da soggetti quali Lupi, Bocchino, Straquadario...). (Per non dire di chi ha consigliato di non andare a votare perché così si impedirebbe la riforma dei referendum volta ad abbassare il quorum di validità dal 50 al 25% +1: Marco Taradash).
Possibile che invece nessuno dica che se nella cosa PUBBLICA ci sono i raccomandati questi devono andare in carcere?! Che se gli amministratori sono degli incapaci devono essere presi a calci nel sedere?!
Ah, sì! Finalmente qualcuno che l'ha detto l'ho sentito: Marco Travaglio all'ultima puntata (sic!) di Annozero...

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