lunedì 16 gennaio 2012

Il cemento delle mafie che cancella la bellezza

L’inchiesta che Presa Diretta ha trasmesso ieri sera è un pugno nello stomaco a chi crede di vivere in un Nord lontano anni luce da Casal di Principe, da Locri, da Palermo. Torino, Alessandria, Bordighera, che piaccia o no, sono nello stesso Paese di quei territori che la nostra mappa mentale ha da tempo concesso alle mafie. E non è la solita frecciata contro i leghisti, magari fossero solo loro a pensare che ‘ndrangheta, camorra e soci “sono problemi del Sud”.

Sono problemi nostri, nostri come piemontesi visto che ad Alessandria, Torino, Leinì e in tante altre città uomini vicini alle mafie hanno le mani sui piani regolatori. E sono problemi nostri, nostri come italiani dato che la lotta alla criminalità organizzata ci deve interessare tanto al Sud quanto al Nord, perché la piovra ha tentacoli a entrambi gli estremi d’Italia, e gli uni sono collegati agli altri.

Sembrerà superficiale, ma di questa brutta faccenda mi hanno colpito gli aspetti filosofici. I suoi risvolti estetici. Dove c'è la mafia, il bello sparisce. ‘Ndranghetisti, famiglie, politici si incontrano, come mostrato dall’inchiesta di ieri, nei più squallidi angoli di periferia generati dall’urbanizzazione recente, tetri bar, ristoranti, condomini, villette, capannoni di cui loro stessi sono gli artefici. Tutto cemento vomitato su un paesaggio che ha perso ogni ricchezza, ogni diversità, ogni carattere, ed è uguale a se stesso da Pinerolo a Trieste. La banalità del male è anche questo, appiattisce e cancella la bellezza.

E la bellezza è segno di buona salute, il che vale anche per un territorio. La bellezza è qualcosa di cui godiamo tutti, anche i più superficiali tra noi. La bellezza illumina, si riflette dentro di noi, dà conforto. Penso che pretenderla indietro da chi la sottrae alla società, a maggior ragione se con metodi mafiosi, sia una buona battaglia.

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