mercoledì 2 maggio 2012

Domande esistenziali per una città


Con un terzo dei giovani tra i 18 e i 29 anni senza lavoro, e tassi altrettanto allarmanti per le altre fasce d’età, mettere l’occupazione al primo posto del proprio programma non è una scelta comunicativa. È la condizione necessaria per poter guardare in faccia i cittadini. A patto che lo si faccia con serietà: ricordo, cinque anni fa, la campagna elettorale di Galvagno, con i suoi enormi manifesti. La parola “lavoro” era sparata insieme a tante altre, da “sicurezza” ad “ambiente”. Fate un po’ voi. Oggi la destra che si ricandida a governare la città sostiene di aver fatto molto, che la crisi si è messa di mezzo, e bla bla bla.

Ma come si affronta il tema del lavoro con un minimo di rispetto verso chi il lavoro non ce l’ha? Intanto occorre dare ad Asti una prospettiva, un’idea di futuro. Il punto, insomma, è: chi siamo? Dove andiamo? Ogni tanto anche una città si deve porre domande esistenziali. Viviamo una fase post-industriale, e possiamo effettivamente impegnarci per diventare una città turistica, con un’offerta culturale di qualità, e riconvertire innumerevoli angoli delle nostre campagne all’ecoturismo. Ci vorrà tempo, ci vorrà dedizione, ma si può fare.

Eppure non di solo turismo vive una città; la sua economia si basa su un sistema complesso che non può non prevedere anche l’industria. Quindi ogni posto, ogni impresa va difesa con le unghie e con i denti. Come si fa? Intanto facilitando le cose agli imprenditori, che sono quelli che staccano gli assegni a fine mese. Ridurre le loro spese si può: ecco a cosa servono le infrastrutture che abbiamo in mente, dal teleriscaldamento per risparmiare sulle bollette alla banda larga per condividere con il resto del mondo conoscenza e competenze. Poi ci sono i progetti più ambiziosi: ad esempio l’incubatore di imprese. L’attuale giunta sostiene di averlo fatto, in realtà hanno semplicemente aderito a un bando regionale, ma pazienza (sempre a proposito di serietà).

Cosa fa un incubatore d’impresa? Mi sono studiato la questione, perché ne avevo un’idea vaga e mi puzzava di slogan. Tutt’altro. L’attività principale di un incubatore di impresa è quella di selezionare le migliori idee imprenditoriali, dar loro assistenza e spazi, metterle in relazione con il tessuto economico e produttivo di un territorio. Quello del Politecnico di Torino, ad esempio, è specializzato nell’alta tecnologia; altri, sparsi in tutta Italia, fanno tesoro di altre esperienze ed eccellenze. Quello che conta, in ogni caso, è non lasciarsi scappare le intuizioni più brillanti, che con il tempo possono diventare realtà capaci di creare nuovi posti di lavoro, magari specializzati. L’incubatore, a metà tra la sperimentazione e l’impresa, è qualcosa che va collegato, anche fisicamente, al polo universitario. Il futuro che vedo per Asti deve partire dalle intelligenze di tutti noi.

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